Questo articolo non ti spiegherà nulla. Non è possibile trovare la soluzione alla propria vita nell’esperienza altrui. Vorrei parlare del perchè e come ho scelto di essere un nomade digitale. E’ molto utile però, per me lo è stato, leggere le scelte che altri hanno fatto per poi pensare alla propria strada. Vi parlerò delle mie scelte, senza avere la pretesa di insegnare nulla a nessuno, ponetevi le vostre domande. La prima di tutte: perchè?
Partiamo degli esordi, la mia vita normale.
Parliamo quindi di una scelta, la vita da nomade digitale lo si fa perchè si vuole. Ci sono persone che scelgono la propria strada quando finiscono il liceo. Le scelte possono essere forzate o consapevoli. Saltuariamente possono essere consapevolmente forzate. In pochi all’età di diciotto anni conoscono veramente cosa vogliano fare della propria vita. Ritengo impossibile al giorno d’oggi fare una scelta definitiva, il mondo cambia completamente ogni 5 anni e dovremmo imparare e avere la consapevolezza che la stabilità, intesa come quarant’anni fa, non esiste.
Una domanda che mi pongo spesso è però: quando è esistita la stabilità? Se guardiamo alla storia tutto è stato sempre molto fluido. Forse il concetto di stabilità e posto fisso è nato e morto con il novecento. Io dopo la scuola di agraria non avevo più voglia di studiare, l’università non faceva per me. Quindi, da quando ho finito la scuola dell’obbligo, non ho più smesso di studiare. Ho riscoperto il piacere della lettura dopo la scuola, il piacere di conoscere e scoprire. Non ero fatto per seguire anni di un percorso di studi di cui mi interessava si e no il 30%. Decisi quindi di lavorare e sono cresciuto così tra varie professioni. Tutte mi hanno dato qualcosa.
Ho sempre incontrato, nelle varie realtà in cui ho lavorato, grandi persone che mi hanno insegnato tanto. Sono stati tutti immensi e positivi i miei incontri? Certamente no, ma i nomi che mi ricordo sono coloro che mi hanno formato. Le litigate feroci ci sono state, parecchie, non sono una persona semplice, ma non ne ricordo il perchè. Ricordo invece gli insegnamenti che mi sono stati dati, spesso tramite l’esempio, da capi, colleghi, collaboratori o clienti. Questa è stata la mia vita professionale precedente.
Parallelamente vivevo una vita privata da manuale, quella che si deve fare e come è giusto fare. Avevo tutto, sulla carta, ma ero chiuso in una gabbia che non era la mia. Capitò però un evento che mi ha aperto gli occhi, che fu la vera svolta. Al tempo iniziai a lavorare come fotografo e partecipai alle Paralimpiadi Estive Londra 2012 grazie all’invito di due cari amici. Lì vidi cosa si può fare con volontà, studio e dedizione e mi posi una domanda: ma io cosa sto facendo? Mi piace cosa sto costruendo della mia vita? La risposta è oggi ovvia. Non ero contento di dove stavo andando.
Ho quindi iniziato a viaggiare e muovermi sempre di più.
Prima brevi periodi, poi sempre più lunghi. Contemporaneamente avevo iniziato a lavorare a tempo pieno come freelance e tutto ciò che facevo poteva essere svolto da qualsiasi parte del mondo con un computer. Quindi perchè avere un ufficio o recarmi tutti i giorni nello stesso posto se potevo fare le stesse cose in un parco? Ho cominciato così, ad attrezzarmi e lavorare all’aria aperta oppure in un bar fino al giorno del cambiamento.
Feci un viaggio fotografico per la ricorrenza del centenario della prima guerra mondiale a Sarajevo. Come spesso accade nella mia vita i cambiamenti sono netti, veloci e decisi. Capitò quindi di trasferirmi a Sarajevo. Il lavoro l’avevo, e non era dipendente dal luogo di vita. Considero Sarajevo ancora oggi la mia città del cuore, ma in cui è molto complicato vivere. Ne ho parlato in questo articolo. Da allora le cose sono cambiate molto. E’ cambiato tutto. Non sono andato a vivere dell’altra parte del mondo, sono sempre rimasto nei confini europei, ma ho conosciuto e vissuto molte culture differenti che, come le persone, mi hanno sempre insegnato qualcosa.
L’organizzazione del tempo per un procrastinatore professionista
Questo è il punto doloroso e cruciale. Quando non si ha un capo o un responsabile che ci gestisce per noi il nostro tempo lo dobbiamo fare per conto nostro. Non importa come, quando e per quanto tempo. Le attività quotidiane lavorative vanno organizzate, oppure si farà sempre tutto domani o dopo. Questo non è positivo, la professionalità e la puntualità sono caratteristiche che apprezzo molto nei miei collaboratori. Io devo essere il primo a darle.
Ho iniziato a mettere per iscritto tutte le attività che volevo e dovevo fare in una settimana: leggere, lavorare, scrivere, camminare, oziare. Quindi ho dato il tempo ad ognuna e le ho distribuite tra mattina e pomeriggio. Ho deciso quanto volevo lavorare e cosa volevo fare quando non ero intento in un’attività che avrebbe prodotto denaro. Ho quindi creato il mio primo planner che poi ho adattato, adattato, adattato e sono ancora in fase di adattamento.
Per me è molto importante rispettare i tempi che mi sono dato, che possono essere modificati, ma non ignorati. Sono a conoscenza che ho delle scadenze con i clienti e che devo studiare. Lo studio, la lettura in generale fa parte della mia attività professionale. Senza avere una scaletta organizzata e una routine quotidiana delle cose da fare io mi sento semplicemente perso, il tempo passa senza aver concluso nulla e rischio di non portare a termine lavori complessi. Un passo per volta, un’azione per volta e si fa tutto, io però devo avere la strada almeno blandamente tracciata.
Oziare: un’attività fondamentale
Il dolce far niente, che bellezza! A partire dai grandi filosofi greci e latini l’ozio è sempre stata un’attività importantissima da alternare a quella lavorativa. L’ozio non è osservare il vuoto con il cervello spento, ma è un ricaricarsi. Pensare, progettare, guardare un panorama e viaggiare con la mente ed i pensieri. L’ozio non va confuso con l’apatia. L’assenza di emozioni e motivazioni non fa parte dell’oziare, ma si tratta di un’attività molto più simile alla meditazione. Una parte del tempo che regaliamo a noi stessi.
Personalmente mi piace camminare, bere del buon vino, una birra ghiacciata o un caffè in un bar osservando la gente che passa. Durante i momenti d’ozio sono io con me stesso, mi piace stare solo e osservare il mondo. I pensieri iniziano a volare, le idee vanno e vengono. Penso, elaboro, sogno, progetto, costruisco. Durante i momenti di ozio mi godo il momento e il mondo intorno a me. E’ un’attività intensa, non è l’assenza di fare. Ozio per me significa astensione da un’attività lavorativa, ma non astensione dell’attività. Solo durante i momenti liberi riesco a mettere insieme le idee e i progetti che poi sviluppo e realizzo durante i periodi di lavoro. L’ozio per me è strettamente correlato alla solitudine.
Come diventare nomade digitale?
Ve l’ho già detto, non c’è una risposta, ma solo domande. La prima è: cosa ti piace fare, cosa ti risulta semplice fare? Per me è stato semplice lavorare al computer, imparare un linguaggio di programmazione e molte di quelle attività che richiedono un computer con una connessione internet. Non sono appassionato di grafica e la scelta si è indirizzata naturalmente verso la programmazione. Ho iniziato a sviluppare progetti personali e progetti per clienti.
Non esiste un lavoro che mi permette di vivere al 100%, ma faccio tante piccole attività che nel complesso mi danno ciò che necessito. Preferisco farne tante piccole che una sola grande, perchè? Perchè se una va male non rischio di perdere tutto, ma solo un piccolo pezzettino che posso assorbire con altro. E’ un percorso lungo, di anni, non ancora concluso. A me piace viaggiare, fotografare e mi risulta facile lavorare al computer. Ho messo insieme queste tre cose cercando di fare del mio meglio. Sono il miglior fotografo o programmatore al mondo? No, e non è quello il mio obiettivo. Migliorare me stesso è un’attività quotidiana, ma la competizione non fa parte del mio carattere.
Vita: diversificare gli stimoli e le esperienze.
Una cosa che ritengo devastante per ogni persona e specialmente per chi ha scelto di essere nomade è la monotonia. Attenzione, per monotonia non intendo non avere una routine. Io devo sapere quando è il momento di lavorare o di vagabondare. Quando posso leggere o camminare.
Le attività posso essere modificate, ma devono esserci. E’ un mio personale equilibrio che mi sono costruito nel tempo. Quando per troppo tempo non cammino o non viaggio tutto il resto del mio castello inizia a sgretolarsi. Avere una routine è quindi per me molto importante. Quando questa diventa sempre uguale e costante si cade nella monotonia, nell’automatismo. E’ come quando si fa la stessa strada in auto tutti i giorni per andare in ufficio e poi capita che mentre si va a cena fuori ci si ritrova davanti alla porta del luogo di lavoro senza sapere come ci si è arrivati. Vi è mai capitato? A me sì.
Il cervello, il corpo, si muovono in modo automatico senza sapere perchè. Quando si verificano queste situazioni è complicato ragionare, pensare fuori dagli schemi. Il nostro cervello è naturalmente strutturato per spendere meno energia possibile. Per cui la sua condizione ideale è probabilmente l’immobilità. Può darsi che sia la condizione più sicura, ma è ciò che vogliamo? Io no, io voglio muovermi, conoscere, parlare, incontrare.
Come spesso amo dire sono un curioso patologico. Ho quindi la necessità di avere una routine che mi porti a conoscere sempre cose nuove e, quando gli stimoli vengono meno, mi sposto. Ho la libertà di farlo, ma la sono costruita e ne sono contento. Per alcune persone è confortevole avere una vita costante sicura e senza grandi sbalzi. Sono contento per loro se si trovano nel loro equilibrio. Per me l’ignoto è la mia area di confort. Ciò che mi mantiene vivo e attivo. Ognuno è differente ed è bellissimo così.
Questa è la vita che mi sono scelto per ora. Un giorno vorrò cambiarla e cercherò di andare nella direzione che preferisco. Essere nomadi per me vuol dire non sapere cosa farò domani, ma avere una programmazione per questo. Per alcuni può essere angosciante, per me è stimolante. Trovate il vostro equilibrio, il vostro piacere nel vivere. Non troverete la vostra soluzione in nessun articolo di giornale o sito internet. E’ importate però leggere le esperienze altrui per avere la forza e la motivazione di costruire la propria vita senza necessariamente seguire schemi fatti da altri.