Il 2 febbraio è il giorno della Candelora. Molte tradizioni popolari ritengono questa giornata la fine dell’inverno. Il cinema ha reso famoso il giorno della marmotta. L’inverno è finito, almeno in parte, i primi di febbraio. Al Santuario di Montevergine a Mercogliano in provincia di Avellino la tradizione unisce il culto della Madonna con la Juta dei Femminielli. Ci siamo andati, vi spieghiamo di cosa si tratta.
Partiamo all’alba per poter raggiungere il Santuario di Montevergine vicino ad Avellino. Ci aspettiamo molte persone e non vorremmo rimanere imbottigliati nel traffico. La strada per il santuario è chiusa, solo gli autobus autorizzati possono salire e un servizio navetta, da migliorare, viene reso disponibile dal parcheggio del paese fino al santuario. Le persone in coda sono centinaia, un’ora di attesa non è sufficiente. Arriviamo al santuario a messa iniziata e cerchiamo di capire e vivere tutte le varie anime della celebrazione.
Il rito di origini pagane: la candelora
La candelora è nata come festa della luce, il ritorno alla vita, la rinascita dopo la pausa invernale. Come spesso accade una festa, una celebrazione, legata ai ritmi naturali e pagani viene ‘inglobata’ dalla religione cattolica. Dobbiamo andare indietro fino a Papa Gelasio I (492-496) che, durante il suo pontificato, ottenne dal Senato l’abolizione dei riti pagani Lupercali, che furono sostituiti dalla festa cristiana della Candelora. Nel VI secolo la ricorrenza fu anticipata da Giustiniano al 2 febbraio, data in cui si festeggia ancora oggi.
Il concetto di celebrare il ritorno al lavoro per la vita contadina viene ‘trasformato’ in una celebrazione della luce a 40 giorni dopo la nascita di Gesù. Viene poi associato al rito della Madonna.
Il rito religioso, la Madonna Mamma Schiavona
Il santuario della Madonna Di Montevergine è dedicato alla Madonna nera. Perchè Mamma Schiavona? Siamo nel XII secolo con Carlo I D’angiò. In quel periodo sulle cime del Partenio arriva una seconda icona la quale sostituisce la Madonna di San Guglielmo e ne eredita la devozione. Questa assume il titolo ufficiale di Madonna di Montevergine e dal popolo napoletano, incline ad un rapporto familiare con la divinità, viene invocata con il titolo di Mamma Schiavona.
Ma perchè schiavona? Secondo la tradizione, le Madonne sorelle erano 6, di cui una nera. La Madonna di Montevergine per il colore della sua pelle era considerata la più “brutta” e da qui l’appellativo “Schiavona”, cioè straniera.
Il giorno della candelora viene associato alla purificazione di Maria e quindi nel Santuario della Madonna di Montevergine è l’occasione per riunirsi e celebrare la festa. Molti pellegrini arrivano qui da tutta la Campania, normalmente si può fare a piedi ma quest’anno, vista la neve, in pochi si sono avventurati nei sentieri.
La Juta dei Femminielli
La Madonna nera è riconosciuta come colei che tutto perdona. La leggenda nasce nel 1256, quando due giovani omosessuali furono scoperti a baciarsi e ad amarsi. Allora, come oggi, la comunità omosessuale non è sempre bene accolta. La popolazione reagì denudando e cacciando dal paese i due innamorati che furono legati ad un albero sul Monte Partenio, in modo che morissero di fame o fossero sbranati dai lupi. Tornando alla leggenda si racconta che la Vergine, che appunto tutto perdona e non fa differenza alcuna, li liberò dalle catene e permise alla giovane coppia di vivere apertamente il loro sentimento. Tutta la comunità, attestato il Miracolo, non poté far altro che che accettare l’accaduto. Da allora la Madonna “nera” è celebrata per il suo potere protettivo sugli ultimi, sui deboli, sui poveri, sugli emarginati.
La comunità LGBTQ+ ha accolto come sua protrettrice la Mamma Schiavona e da qui nasce la “Juta dei Femminielli”. I femminielli, nella tradizione napoletana, sono chiamate le persone che da uomini si vestono e soprattutto sentono, percepiscono, come donne. Sono molti i gruppi che partecipano a questo evento cantando e ballando accompagnati dai molti gruppi di musica folkloristica del luogo. Pizzica, taranta, tarantella, tammuriata sono i ritmi che si sentono nel piazzale di fronte al santuario.
Finita la celebrazione religiosa inizia la festa nel piazzale del monastero. Ognuno porta qualcosa, ci sono vari gruppi che suonano e ognuno celebra il suo rito senza interferire o impedire agli altri di fare lo stesso. La giornata è un grande evento di accettazione e integrazione. Ognuno ha il suo modo di celebrare la stessa cosa: il ritorno alla vita.