Imparare a valutare le proprie abilità, lavorando sulle disabilità.

Imparare a valutare le proprie abilità, lavorando sulle disabilità.

Focalizzare le mie energie su quello che so fare e su chi sono è la chiave per migliorare i miei lati negativi. In questo articolo voglio condividere con voi alcune riflessioni.

Abilità e disabilità, esistono e cosa sono?

Il titolo è volutamente una provocazione. Abilità e disabilità sono percezioni personali e l’essere bravo o no in una cosa è assolutamente soggettivo. Essere diversi non significa migliori o peggiori, ma solo con modi di pensare, vedere, fare non conformi a quello che viene considerato normale. E’ corretto conoscere i miei limiti e sapere se voglio migliorarli o meno. Non so arrampicare a mani libere, lo so è una mia disabilità e non mi interessa, almeno per ora, svilupparla. Non so fare tantissime cose: non sono un abitudinario, faccio fatica ad essere ossessionato da una sola cosa. Non sono un fan di oggetti, tecnologie o stili di vita, intesi nel senso più estremo. Ho necessità di variare. Ho l’esigenza di trovare nuovi spunti, nuovi argomenti, nuovi ambiti di conoscenza e per questo viaggio e mi muovo. Può essere sia una parte negativa di me stesso, faccio fatica ad essere costante. Questa mia abilità può essere anche una disabilità, ed ecco che entrano in gioco i punti di vista. Non sono capace a fare molte cose, ma ho la capacità di trovare le informazioni per farle. Non sono estremamente pignolo, mi adatto e sono abbastanza flessibile nei lavori. Questo mi ha permesso di vivere la vita che ho scelto. Viaggiare, parlare con mille persone e alimentare la mia curiosità. 

Disabilità e sport, come veniamo tutti categorizzati.

Sono ormai più di 10 anni che fotografo il mondo dello sport per disabili. Ho iniziato con le paralimpiadi partecipando a tutte le edizioni da Londra 2012,  qui trovate le mie foto. Da poco mi sono avvicinato al mondo Special Olympics dove la disabilità è vista in un modo che mi affascina parecchio. Spesso negli sport si è ‘categorizzati’ in base alle proprie caratteristiche fisiche. Giusto direte voi, ma c’è un punto di vista differente. Nello sport unificato tutti partecipano insieme, si gareggia con persone con abilità simili. Questo significa che le categorie sono fluide, flessibili, dinamiche. Se io miglioro posso andare al ‘livello successivo’. Non vengo visto per quello che la normalità prevede, ma per quello che so fare. In questo mondo le ‘categorie’ tradizionali vengono smontate. Ecco quindi che si gareggia insieme maschi, femmine, grandi, piccoli, alti, bassi, timidi, estroversi, loquaci e silenziosi. L’unica limitazione è far giocare persone tra di loro con lo stesso livello di abilità, cosa che viene valutate attraverso test sportivi. Questo permette il miglioramento personale, la voglia di fare di più e la possibilità di mettersi in gioco

Se io vedo nella mia condizione la possibilità di miglioramento sarò molto più spronato a fare di più e, se lo desidero, a crescere. Spesso mi è capitato nella mia esperienza lavorativa di non poter crescere perché non ho la laurea. Anche in quel caso non ero valutato in base alle mie capacità, ma a ciò che non avevo. Questo è un giochino senza fine. Qualcuno potrebbe dirmi: prenditela la laurea no? Però non è questo il punto, con una laurea potrei probabilmente essere più ‘capace’ in quell’ambito, ma perché tutta la mia vita deve essere dipendente da scelte che ho fatto a vent’anni? 

Punti di vista differenti, abilità differenti.

Una caratteristica può essere considerata abilità o disabilità in base al contesto in cui io vivo. Ad esempio io mi ritengo in grado di essere capace nell’analizzare problemi e trovare soluzioni tecniche, non conosco, ma so dove imparare. Normalmente imparo alla svelta, invece sono disabile per quanto riguarda la comunicazione delle mie emozioni e delle mie sensazioni. Queste due cose per me sono complementari e possono essere considerate positive o negative in base agli ambiti di utilizzo. Quando mi trovo in un ambiente di vita, o lavorativo, dove vengo categorizzato in base a quanto esprimo me stesso probabilmente sono il livello zero. La flessibilità è parte della mia vita. E’ stata una scelta, mi piace e voglio continuare a sviluppare questa caratteristica. La flessibilità può essere vista in modo negativo in alcuni ambienti. Nelle realtà molto strutturate e rigide dove non è importante come la penso, ma solo che io svolga un compito predefinito, sono inutile. In catena di montaggio ad esempio la flessibilità probabilmente non è un valore aggiunto. Forse, non ne ho esperienza.

Lavorare su sé stessi sempre e costantemente.

Sì, questo è un cliché, un luogo comune, una cosa che va evitata. Però il pensare, studiare, correggere, implementare, modificare, ricominciare e modificare è l’essenza della vita per me. Quando mi trovo in una situazione costante, stabile, sicura per me equivale a stagnazione. Lo stagno può essere affascinante, ma puzza. Ci sono molte forme di vita al suo interno che crescono, vivono e muoiono un po’ come in qualsiasi ecosistema. I confini e i limiti però mi creano ansia, li accetto per un tempo limitato, ma poi devo uscire. Uscire dal mio gruppo di amici, dalla mia città, dalla mia nazione, dalla mia cultura. Devo andare in altri stagni, contaminarmi con altre acque per poi poter tornare periodicamente e capire che devo nuovamente andare. Non è un insegnamento, scrivo questo solo come descrizione di me stesso. Ci sono persone che sono a disagio al solo pensare di dover cambiare. Io sono a disagio al solo pensare di non cambiare mai. Mai e sempre sono due parole che mi creano inquietudine. Devo lavorare su questo. 

Il cammino della vita dal mio punto di vista è un percorso pieno di cose da conoscere, ma su cui non mi voglio soffermare troppo. Voglio saperne un po’ e andare alla prossima, sono soddisfatto così. E’ corretto? Non lo so. Non so se è normale, non so se è il modo giusto, ma è il modo che mi appaga di più in questo momento della mia vita. Non è sempre stato così e molto probabilmente non lo sarà per sempre.

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