Cosa significa essere un nomade digitale?
Oggi le tecnologie mettono a disposizione innumerevoli strumenti per la vita da nomade digitale. Iniziarla però è un’altra cosa. Vuol dire pensare e vivere il tempo e le relazioni umane in un modo diverso dal ‘normale’. Cosa significa tutto questo? Vediamolo insieme…
Cosa significa essere nomadi digitali?
Il nomade digitale è colui o colei che sfrutta una delle possibilità che il mondo di oggi ci concede. Viaggiare, per chi è nato nella parte fortunata del mondo, è molto semplice e non così caro come una volta. La maggior parte dei paesi, per noi italiani, non richiedono visto e con quello turistico possiamo accedere liberamente a moltissimi stati senza grandi difficoltà. Non per tutti i passaporti è così, ne dobbiamo essere consapevoli. Abbiamo una fortuna che non tutti si possono permettere. Usarla o meno è una scelta. In quanto nomade digitale non mi sento attaccato particolarmente ad un territorio o comunità. Mi piace conoscere, viaggiare esplorare ed avere nuove esperienze. Questo può essere positivo o negativo, il fatto di non avere un ‘luogo da cui si proviene‘ pò essere disturbante. La domanda che spesso mi viene posta a cui faccio fatica a rispondere è: da dove vieni? Dal punto di vista fisico certo che ho un luogo di provenienza, ma io chi sono? Da dove vengo? A chi e cosa appartengo? Domande a cui le persone stanno cercando risposta fin dall’inizio della vita. Ne avevo parlato anche in questo articolo: Sarajevo, where I feel home.
Come si diventa nomadi digitali?
Vi dico una banalità, nomadi digitale non si diventa, lo si è. E’ molto probabile però che tu non sappia di esserlo, o ne hai mai analizzato le possibilità. Il nomadismo, togliamo digitale per un po’, è uno stile di vita. Una scelta che va oltre l’attività lavorativa. Anzi il lavoro è solo uno strumento utile, necessario e fondamentale per costruire l vita che più ci piace. Il maggior piacere che provo in un viaggio raramente è la meta, ma è il viaggio stesso. Lo spostarsi, usare il treno, l’autobus, le navi. Mi piacciono i mezzi lenti dove posso guardare fuori dal finestrino e vedere i dettagli del territorio che attraverso. Quando posso evito di guidare perchè mi piace godermi il viaggio. Durante il tempo in cui sono seduto su una poltrona, una sedia, un pavimento di qualsiasi mezzo di trasporto che non devo guidare io leggo, penso, dormo, chiacchiero, mangio, bevo, osservo… se invece sono in auto non riesco a sentirmi così libero. Il nomade digitale secondo me è quindi una persona che si gode il viaggio. E questo o ti piace o non ti piace. Magari non hai mai viaggiato nel modo che preferisci. Hai sempre seguito altri. Hai delegato l’organizzazione di un viaggio/vacanza ad un agenzia. Se senti l’esigenza di qualcosa di diverso provaci. Vai da solo in una città, su di un monte, a piedi o con il treno, cammina in spiaggia. Prova un viaggio di qualche ora. Non serve viaggiare molti giorni, anche in giornata. Non organizzare nulla, ma semplicemente goditi il tempo. Se provi piacere in questo c’è del nomadismo in te. Se invece questa cosa non ti piace, non ti aggrada, ti provoca ansia, bene ugualmente. Non devi per forza essere nomade. Però il tuo desiderio è quello prova passo passo a piccole dosi e osserva le tue sensazioni. Oggi io non sono spaventato da qualche mese di viaggio vagabondo, ma non ho iniziato di colpo.
Il nomade digitale è una persona solitaria?
Iniziamo dalla definizione che troviamo sulla Treccani: Che sta solo, e soprattutto che ama star solo, che sfugge la compagnia dei propri simili. Il mio pensiero è breve semplice e immediata: NO. Capiamo però cosa significa essere una persona solitaria. Se parliamo di essere asociali, di rifiutare la compagnia, di non gradire il confronto con altri, direi di no. Queste non sono caratteristiche che fanno parte di un nomade. Il motivo probabilmente è molto semplice ed egoistico. Il lavoro da nomade digitale, per la mia esperienza, nasce da incontri, chiacchiere, birre, caffè, incontri e scontri. Io ho bisogno di avere una vita sociale, voglio uscire, parlare con persone differenti, godermi le serate in cui si chiacchiera di temi complicati in modo semplice. Confrontarmi e mettermi in discussione con realtà differenti dalla mia. Sono una persona abbastanza testarda, uno zuccone come si direbbe dalle mie parti. Prima di cambiare idea difendo con i denti la mia posizione, poi però torno a casa solo e analizzo, elaboro, ripenso. Un po’ come un ruminante che prima ingurgita tutto, ma poi ha necessità del tempo di solitudine per ‘digerire’ tutto l’assimilato. Ecco, il tempo della solitudine. Le ore per rimanere solo con me stesso per me sono fondamentali. In una relazione, in un amicizia, in qualsiasi rapporto umano ho necessità di me stesso. Devo rimanere solo, devo viaggiare da solo, devo avere uno spazio in cui nessuno entra. Non perchè ci sia qualcosa di segreto da nascondere. Quel tempo è necessario e inviolabile per me per poter costruire quella persona e quei pensieri che poi condivido in pubblico. Senza la solitudine e il silenzio sarei una mezza persona. Quindi il nomade è una persona solitaria? Io non lo sono, ma apprezzo tantissimo la solitudine.
Come si organizza il proprio tempo privato e lavorativo?
Questo è un punto dolente. Quando si esce dalla logica casa/lavoro, quando non ci sono più gli ‘altri’ che organizzano per noi, il tempo è tutto sulle nostre spalle. L’importanza di definire dei tempi per noi e dei tempi per gli altri è fondamentale. La tentazione di dire sempre sì per non deludere nessuno è forte. Si ha paura che dicendo di no si perda quell’esperienza, quella persona, quel lavoro. Probabilmente sì, ma la domanda che mi faccio spesso è: vale la pena di mantenere un rapporto in cui non vengo rispettato. Se dico di no perchè non me la sento, non ho tempo, quella cosa mi fa sentire male se ne parla e si trova un accordo. Se però non esiste nessun tipo di apertura nei miei confronti secondo me si tratta di una collaborazione malsana. Si tratta di sfruttamento nelle varie sue forme. Ovviamente la cosa vale anche al contrario, il rispetto e la comprensione dei no degli altri è un punto fondamentale per organizzare il proprio tempo e per dar modo a chi mi sta di fronte di fare lo stesso. Io non ho ancora raggiunto la mia organizzazione ‘perfetta’, forse non la raggiungerò mai. I socials sono una delle droghe che mi porta via più tempo, non sempre dal punto di vista professionale. Sono strumenti fatti per conquistarci e darci assuefazione, starne distanti è sempre molto difficile. E’ possibile farlo con consapevolezza e senza esserne fruitori passivi, un percorso complicato paragonabile alla disintossicazione dalle dipendenze chimiche.
Come si coltivano le relazioni personali?
Siamo quasi arrivati alla fine di questa mia chiacchierata su come essere nomade digitale. Il lavoro è ciò che mi permette di supportare economicamente le mie scelte. Le relazioni personali sono quelle che permettono di supportare emozionalmente la mia vita. Come vi scrivevo sopra sono una persona sociale, ho necessità del rapporto con gli altri. Io gradisco immensamente quelle amicizie che non devo per forza vedere tutti i giorni. Quelle persone a cui posso confidare i miei pensieri e sono sicuro di non essere giudicato, ma spesso mi fanno domande, non sempre piacevoli, che mi fanno pensare. Normalmente sono le domande che mi fanno trovare le risposte ai miei dubbi. Gli amici per me non sono quelli che mi danno delle risposte, ma quelli che mi chiedono il perchè delle cose. Quanto è difficile rispondere al perché! Ho amici un po’ sparsi per il mondo, non ho necessità di vederli o sentirli spesso, sono fatto così. Sono però relazioni che rimangono, che periodicamente tornano e poi s’addormentano ancora. Non sono relazioni di dipendenza, ma di condivisione. Ci sono quando devono esserci senza opprimermi nelle scelte quotidiane.